domenica 22 luglio 2012

vita monastica ed eremitica - 1


LA VITA MONASTICA ED EREMITICA

Il Gruppo “ Amici di padre Romano “ desidera proporre queste riflessioni per comunicare, a quanti più possibile, le ricchezze e la luce irradiate dalla vita esemplare di padre Romano Bottegal, monaco ed eremita, che ha portato avanti, in modo eroico, la sua vocazione di donazione totale a Dio.
In un tempo in cui ci si preoccupa e si parla di solidarietà ed amore al prossimo, ma si sta dimenticando in maniera rovinosa il primo comandamento della legge dell’amore, ci sembra estremamente importante dare spazio e far conoscere la carità di chi ha donato e si è prodigato totalmente per Dio.

Vogliamo allora qui proporre l’ultima parte di una riflessione elaborata dall’università Gregoriana riguardante l’attualità e l’importanza del messaggio di padre Romano e poi alcune lettere ed esortazioni, scritte dai Sommi Pontefici Giovanni XXIII e Papa Paolo VI contemporanei di padre Romano, circa l’importanza vitale della vita monastica ed eremitica. Scritti che sicuramente hanno inciso nella vita di padre Romano, sempre attento al magistero della chiesa, e possono quindi aiutare a comprendere meglio il senso della sua vita e del suo sacrificio.


L’attualità del messaggio di padre Romano Bottegal 
per l’evangelizzazione oggi.
Pontificia Università Gregoriana 
( 26 gennaio 1998)

L’attualità del suo messaggio è in relazione al suo essere monaco e, cioè, al primato di Dio nella sua vita.
P. Romano BottegaI è stato messo spesso in relazione con P. Charbel, santo eremita libanese del quale a p. Bottegal fu offerto l’eremo per la somiglianza di vita, e che lui stesso nomina più volte nei suoi scritti.
P. Charbel è vissuto nel silenzio, conducendo una vita povera che sembrava non aver nessun senso, alcun valore, un’esistenza che non attraeva nessuno.
La sua fama è cresciuta di colpo dopo la morte soprattutto per i fenomeni miracolosi che avvenivano intorno alla sua salma.
Solo allora si cominciò a rivederne l’esistenza.
La grandezza di P. Charbel è stata nel vivere solo per Dio. Niente altro. Tutto

Egli fu beatificato alla fine del Concilio Vaticano Il, il giorno dopo la pròmulgazione della costituzione pastorale Gaudiurn et spes.
Questo fatto secondo D.Barsotti, noto autore di letteratura spirituale, offre provvidenzialmente la chiave d’interpretazione di questo documento che fu l’ultimo ad essere approvato dal Concilio.
Il rinnovamento della Chiesa, infatti, non proviene da documenti, ma dal mistero dei santi che lo rendono palpabile e visibile.

Il dialogo con il mondo, necessario alla Chiesa che ha una missione nei confronti di tutti gli uomini, è condizione iniziale per un dialogo che la Chiesa deve avere con un Altro, il quale rimane in silenzio.
Questi uomini ci riportano al mistero del Cristo in agonia fino alla fine dei tempi, alla Chiesa che continua questa agonia e che, più di tante altre cose, porta al mondo la Croce come supremo atto di amore:
 “Il servizio degli uomini non sarebbe ancora carità se non fosse il segno dell’amore che l’uomo già porta nel suo cuore a Dio”.
E’ questo amore fontale che la Chiesa vive e dona al mondo. Da qui viene la vera liberazione.

La vita eremitica è diaconia alla Chiesa e al mondo.
Per consegna del Concilio la Chiesa va incontro al mondo, perché non può trascenderlo se non accettando di essere immanente ad esso. La chiesa dei solitari è il braccio verticale della Croce che sostiene il mondo.
Essi sono separati dagli uomini in nome degli uomini, perché il mondo, mediante questa diaconia, sia ricollocato nel suo vero centro che è Dio .
Nell’ottobre del 1977, proclamando santo P. Charbel, Paolo VI sottolineò l’importanza della vita eremitica per la società odierna, contrassegnata all’esuberanza, dall’eccitazione, dall’edonismo insaziabile, uniti ad una crescente debolezza della volontà, essa non riacquisterà l’equilibrio se non rifacendosi alle caratteristiche di povertà, semplicità, dominio di sè, interiorità di cui la vita eremitica da esempio ed il gusto.
Per questo tali figure costituiscono anche una denuncia profetica.

Il monaco è l’uomo di preghiera, la quale è la presa di coscienza della situazione umana nella sua totalità. 
Egli sarà dunque il primo ad avvertire la fame di giustizia, di liberazione e di pane dell’uomo di oggi.

Questa coscienza planetaria e questa solidarietà umana spezzano l’isolamento del mondo attuale e denunciano i mali fisici e spirituali del nostro tempo.
La solitudine del monaco non è isolamento.
Un’autentica esperienza di Dio, invece ci libera dal nostro isolamento rispettando profondamente la nostra solitudine
Il monaco, infatti, per sant’Agostino, è colui che ritornando in se stesso, in antitesi ad ogni tipo di dispersione, scopre tutti i valori in Dio.
Tale scoperta nella sua interiorità lo apre alla comunione autentica con gli altri uomini che, uniti nelle ansie comuni e nei comuni desideri della natura umana, si ritrovano nello slancio costruttivo della vera comunità di valori. Egli arriva cosi, a vivere l’intimità in sè e negli altri alla presenza di Dio, raggiungendo l’anima una et cor unum in Deum.

Conclusioni

La testimonianza concreta di P Bottegal, di docilità a Colui che vuole condurci in luoghi deserti” per “parlare al nostro cuore” ci spinge ad assumere con attiva adesione e gioia il nostro personale deserto, dovunque esso si trovi e comunque si configuri.
Egli sottolinea, però, molto chiaramente che non si tratta di un deserto scelto da noi e a nostra misura.
L’unica motivazione che conduce P Romano in quel deserto infatti, è la volontà di Dio, che scopre dopo un lungo cammino di discernimento saggio e ponderato.

Nella vita apparentemente inutile di questo monaco, D. Barsotti riconosce l’insegnamento incomparabile per tutti di un cammino compiuto nella solennità del silenzio e nella semplicità di un amore esclusivo.
La coscienza e la conoscenza di questo amore esclusivo e reciproco è fonte della gioia e dell’energia interiore di P. Bottegai.
Concludiamo, allora, riprendendo appunto questo che ci è sembrato il messaggio centrale ed allo stesso tempo attuale della sua esperienza.
Lo ritroviamo, infatti, nelle parole rivolte da Giovanni Paolo II alle migliaia di giovani presenti a Bologna, il 27 settembre scorso, al concerto musicale svoltosi in occasione del XXIII Congresso Eucaristico Nazionale:
“Vi ho detto che ci vuole l’Eucarestia ... Ci vuole un grande ringraziamento. Ma questo ringraziamento si doveva fare attraverso il sacrificio della Croce, si doveva fare attraverso la morte cruenta di Cristo. Ma se non ci fosse la morte, non ci sarebbe neanche la Risurrezione, non ci sarebbe il mistero pasquale ... Gesù vi propone una strada in salita, che è fatica percorrere, ma che consente all’occhio del cuore di spaziare su orizzonti sempre più vasti.
A voi la scelta: lasciarvi scivolare in basso verso le valli di un piatto conformismo o affrontare la fatica dell’ascesa verso le vette su cui si respira l’aria pura della verità, della bontà, dell’amore”.





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