lunedì 23 luglio 2012

vita monastica ed eremitica - 5




L’Istruzione sulla vita contemplativa “Venite seorsum” emanata secondo il pensiero e con l’approvazione del Papa Paolo VI (15 agosto ’69):

«Venite in disparte, in un luogo solitario... Molti sono coloro che hanno ascoltato questo invito e che, seguendo Cristo, si sono ritirati nella solitudine per adorarvi il Padre, sotto l’impulso dello Spirito Santo che li guidava... Il ritirarsi dal mondo per dedicarsi nella solitudine ad una vita più intensa di preghiera non è altro che una maniera particolare di vivere ed esprimere il mistero pasquale del Cri sto, che è una morte per la risurrezione... Ora tale morte di Cristo implica un reale aspetto di solitudine... Per i cristiani, perciò, il ritirarsi nella solitudine equivale ad unirsi più profondamente alla Passione di Cristo e a partecipare in modo particolare al mistero Pasquale e al pas saggio del Signore da questo mondo alla patria celeste... E perciò lecito e necessario che alcuni cristiani, chiamati a questa grazia dallo Spirito Santo, col loro modo particolare di vita, esprimano questa caratteristica contemplativa della Chiesa ritirandosi realmente nella solitudine, per ché “in continua preghiera e intensa penitenza, attendano a Dio so lo In tal modo l’amore e la contemplazione si aiutano vicendevolmente. “Infatti l’amore di Dio è la stessa conoscenza di Lui. Egli non è conosciuto se non è amato, e non è amato se non è conosciuto, e in verità tanto è conosciuto quanto è amato e tanto è amato quanto è conosciuto”. “Nei cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore”, affermava Teresa del Bambino Gesù. Non è infatti per mezzo del suo Amore, manifesto nella oblazione del Figlio, spinta fino alla morte di Croce, che Dio ha liberato gli uomini dal peccato? Quando quindi un’anima penetra in questo mistero pasquale del supremo Amore di Dio e degli uomini, necessariamente partecipa all’opera di Cristo, principio di ogni apostolato. . . Nella solitudine, nella quale at tendono alla preghiera, non dimenticano mai i loro fratelli. Se si sono strappati dal loro frequente contatto, non l’hanno fatto in vista di una comoda tranquillità personale, ma per partecipare più universalmente ai loro lavori, ai loro dolori, alle loro speranze... Perciò quelli che conducono tale vita, possono confermare coloro che sono tentati nella fede e che a torto vogliono negare all’uomo qualsiasi possibilità di entrare in colloquio col Dio ineffabile. E tanto più l’annunciano, in quanto l’intera loro vita, esclusivamente e totalmente consacrata alla ricerca di Dio, non è altro che un tendere alla Gerusalemme celeste, un’anticipazione della Chiesa escatologica, fissa nel possesso e nella contemplazione di Dio... Se lo spirito delle beatitudini, che vivifica la sequela di Cri sto, deve animare qualsiasi forma di vita cristiana, la vita dei contemplativi prova che questo può essere realizzato già in questa vita terrena».




Nessun commento:

Posta un commento