lunedì 23 luglio 2012

vita monastica ed eremitica - 4




Il papa Paolo VI in  una lettera all’Abbate Generale O.C.S.O., ( 8.12.68 ) scriveva:

«... C’è un altro servizio che voi rendete al mondo: come ha dichiarato il Concilio, la vita cristiana è un cammino, un pellegrinaggio verso la città eterna; il Popolo di Dio, allora, non guarderà forse spontaneamente a coloro che, più liberi dalle preoccupazioni terrene, così da avere il passo più spedito, già vivono nella luce e nello splendore di quella Chiesa celeste e ne diffondono come un riflesso sulla Chiesa di questo tempo? Voi dunque ... nella misura in cui adempite con sforzo continuo all’impegno assunto al momento della professione religiosa, siete in grado di significare, di anticipare, di affrettare l’avvento del Regno di Dio nel mondo, di mostrare il vigore della nuova creazione, di animare i vostri fratelli a far partecipi ogni giorno di più tutti gli uomini della vittoria di Cristo ... anche a voi è affidato un compito pastorale, ma vostra autentica attività pastorale è la vita nascosta. La Chiesa non pensa neppure lontanamente di ordinarvi ... di assistere direttamente i vostri contemporanei, ma vi impegna a essere loro presenti in modo più profondo, cioè nella tenerezza di Cristo.
Essa desidera che per nulla estranei alla vita e alle realtà che vi circondano, ma al contrario fatti capaci di cogliere le aspirazioni e i drammi del mondo moderno e le grandi cause della Chiesa, accogliate in voi stessi tutte queste nobili intenzioni, assumendole dal di dentro. Che l’austerità e la penitenza siano tenute in grande stima. Le veglie, i digiuni, il lavoro manuale, anche umile e disprezzato, così pure il silenzio profondamente osservato, ... non sono forse «tutte quelle cose dure e aspre» che S. Benedetto presenta a chi viene nel monastero? Ma egli si affretta a far notare che è per mezzo di esse e non malgrado esse, che il monaco va a Dio. Come nel Corpo di Cristo, che è la Chiesa, tutti «secondo la funzione di ciascun membro» operano la crescita del Corpo stesso, così in quel corpo vivo che è il vostro ordine, nessuno si comporti da membro inerte, ma tutti, ciascuno al suo posto, devono prendere coscienza del proprio compito, e, ciascuno secondo i talenti e gli incarichi ricevuti, devono prendere parte alla vita e all’attività dell’intero corpo.
Senza dubbio la vostra testimonianza non è accolta da tutti: la vita contemplativa è troppo vicina al mistero di Dio, perché il mondo la possa capire. Non vogliate per questo tentare di farvi capire dagli uomini ad ogni costo: ciò vi potrebbe indurre a deplorevoli abbandoni. Siate soltanto voi stessi: penserà Dio a far brillare la vostra luce agli occhi degli uomini». 



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