martedì 31 luglio 2012

Attività passate del Gruppo padre Romano - 2



I pellegrinaggi a piedi

DA LAMON AD AQUILEIA – JABBOULEH    
9 - 15 APRILE 2012


PERCHE' UN PELLEGRINAGGIO A PIEDI

L'idea di questo pellegrinaggio era balenata nel maggio scorso, in occasione della visita del Papa  quando, con i trecentomila del parco san Giuliano di Venezia, eravamo stati invitati a metterci “in ascolto di ciò che lo spirito dice alle Chiese del Nord Est”. 
L'idea poi a preso piede ed entusiasmo durante l'annuale pellegrinaggio a piedi al santuario della Madonna di Pinè pensando che,  interrogarci sul come siamo diventati credenti, come lo siamo ora e “in quali punti ci sia bisogno di purificazione”, richieda la scelta spirituale di questi 170 km di cammino.
Poi abbiamo registrato l'invito espresso unitamente dal patriarca di Antiochia e dall'arcivescovo di Udine a costruire ponti di dialogo tra Aquileia e l'Oriente nella consapevolezza che da quella terra sono partiti i nostri evangelizzatori e ora  hanno bisogno di aiuto. 
Ma già il Patriarca di Venezia aveva detto che guardare di nuovo all'Oriente e al Mediterraneo è una scelta vitale per lo stesso nordest. 
Lo si registrava in quanto, per altre vie, giungeva a Lamon, l'appello dell'arcivescovo di Beirut a una collaborazione più viva per portare avanti il patrimonio di spiritualità lasciatoci da padre Romano Bottegal (la cui causa di beatificazione lui stesso aveva promosso quando era vescovo di Balbek). 
Intanto questo patrimonio ce lo portiamo dietro convinti che ad Aquileia debba trovare il suo spazio.
Come gruppo amici di p. Romano, a fine ottobre abbiamo vissuto il grande evento dell'incontro ad Assisi di tutte le grandi religioni, con  quell'invito al dialogo come
 “pellegrini di verità e di pace … al di la di ogni barriera di razza, di lingua, religione ". 
Un  messaggio vitale per tutto il cristianesimo e a cui p. Romano, come un precursore, aveva immolato la propria vita.

QUANDO E COME

Il pellegrinaggio allora avrà lo sguardo rivolto a Jabbouleh (Libano), “come oceano vasto in cui avventurarsi, contando sull'aiuto di Cristo” e pronti a brancare ogni idea o risorsa che possa entrare in questa prospettiva. 
Si partirà il primo pomeriggio del giorno di Pasqua per arrivare ad Aquileia la sera del  venerdì e quindi partecipare alle celebrazioni conclusive del convegno delle Chiese del nordest del 14 e 15 aprile 2012. 
Si sosterà su mete importanti come il santuario di san Vittore e Corona , l'abbazia di Follina, Vittorio Veneto... e si muoverà su alcuni percorsi già frequentati dagli evangelizzatori dell'epoca romana.
Il pellegrinaggio non è per gente speciale, vuole essere una carovana di “pellegrini della verità e della pace”. 
Padre Romano direbbe “unico dovere: la pace e andare al largo.”
Dal pellegrinaggio a piedi a Roma nel grande giubileo del 2.000 erediteremo la Croce, la dimensione eucaristico centrica che da sola si era imposta e, speriamo, lo sguardo dall'alto di cui avevamo goduto.
Il giorno 28 di dicembre  in occasione del 90° della nascita di p. Romano, a San Donato di Lamon, si terrà una giornata di preparazione al pellegrinaggio.
   


Pellegrini ad Aquileia 
con il cuore sulle terre di padre Romano.
 
    La meta del nostro pellegrinaggio l'avevamo scritta a caratteri cubitali sulla nostra maglietta: “JABBULEH”. 

Come amici di p. Romano  non potevamo non essere attratti dall'enorme pellegrinaggio compiuto nella sua vita che lo aveva portato nei luoghi più critici della convivenza umana.  Jabbouleh è la terra a nord della valle della Bekaa, in Libano, dove si trova l'eremo di p. Romano, tra i villaggi degli arabi. 
Viveva lì al tempo della guerra civile, quando tra cristiani e mussulmani gli atti di ferocia erano all'ordine del giorno.  
In quella terra p. Romano fu un testimone di pace, un grido di pace.
Ma p. Romano, pervaso dall'inquietudine di Dio per la famiglia umana, è profetico in tutto il percorso compiuto in Medio Oriente. 
Totalmente abbandonato, come foglia secca, nelle mani della Provvidenza e della Misericordia divina è stato portato da Dio a tracciare una storia su luoghi che oggi hanno rilevanza cruciale per tutta l'umanità. 
 A Tantur, borgo di Gerusalemme, designato da papa Paolo VI unitamente al grande patriarca di Costantinopoli Atenagora, proprio nel loro incontro nella capitale della cristianità, come luogo in cui doveva nascere un centro di ecumenismo, p. Romano si era tuffato come seme che muore per dare frutto: uomo, sacerdote, monaco ed eremita si era ridotto volontariamente alla povertà e alla solitudine più estrema. 
Da li scriverà alcune tra le più belle lettere, piene di fuoco e di amore. 
Leggendo la storia di questo luogo si capisce che p. Romano aveva creduto e si era posto come seme, come radice di una pianta che solo ora sta dando i suoi frutti.
Tutto questo è anche un invito a superare stereotipi, luoghi comuni e pregiudizi che rendono difficile anche il solo pensare ad una comunità multietnica e multiculturale, ad una comunità che accoglie e include. 
E' una provocazione, per interrogarsi e comprendere il senso e la strada del nostro essere e diventare gruppo amici di P. Romano. 
Consapevoli che singolarmente si può essere delle perfette nullità, destinati ad un grigio e insignificante futuro, mentre in gruppo, in una vera reciprocità e condivisione si può diventare un sistema di risorse che può giocare un ruolo significativo in ideali che vanno al di la del proprio cortile. 
Jabbouleh richiama alla responsabilità sui processi di pace.
Consapevoli della grande posta in gioco rappresentata dalla primavera araba, ci pareva di dover richiamare l'attenzione, del convegno delle Chiese del nordest,  su quella  grande richiesta di libertà di pensiero, di impresa, di religione, creatività e vita per tutti. 
La città di Homs in Siria, teatro di continui massacri su civili inermi che chiedono libertà, è lì a due passi, ma la grande struttura di Jabbouleh è dormiente quasi ad indicare l'assenza e il disinteresse dell'occidente. “Un occidente ripiegato ed indifferente ad una rivoluzione di giustizia, libertà e dignità che masse di ragazzi e ragazze hanno espresso con grande rischio personale nel mondo arabo, una primavera che può essere tradita da interessi altri.” (Patriarca latino di Gerusalemme Twal). 
Sull'esempio di p. Romano, Jabbouleh dovrebbe diventare un grido di pace per tutto il Medio Oriente. Un riflesso dello spirito degli incontri di Assisi, promossi da Giovanni Paolo II, proprio per evitare che questo spirito si fermi tragicamente dove è nato e muoiano le grandi promesse di pace che voleva offrire.  
Ma evidentemente se i luoghi con i loro significati vengono proiettati dentro alle enormi potenzialità economiche, culturali e spirituali del nordest, possono produrre delle eccezionali dinamiche positive. 
Tantur e Jabbouleh possono essere punti focali su cui indirizzare, per il bene di molti, i talenti di tanta gente. Questo anche in linea con lo spirito di tanti autorevoli discorsi con cui si era aperto, più di due anni fa, il convegno delle chiese del nordest. 
Diversamente si rischia di rimanere chiusi dentro il proprio piccolo orizzonte e marcire nei nostri piccoli problemi che rimangono senza luce e senza risposte. 
Certamente il nordest ha bisogno di intraprendere con coraggio dinamiche di ampio respiro ed il convegno delle sue Chiese deve essere in grado di indicarle e renderle praticabili.

CON LO SPIRITO DEL PELLEGRINO

Pellegrino è chi vuole morire ad una realtà che non lo coinvolge, non lo entusiasma, non lo fa né freddo né caldo; parte da un mondo che sembra senza risposte, senza futuro, posto sotto leggi meccaniche, dominato da insaziabili egoismi, da furberie istituzionalizzate. 
Parte da fame e sete di giustizia, di vita vera e cerca di cogliere ciò che vale per la vita .
E' consapevole che Dio ha donato ad ogni uomo spazi infiniti da percorrere di bellezza, gioia, verità, libertà, mentre l’uomo tende a chiudersi in logiche di schiavitù, conflitto ed emarginazione. 
I cristiani sono quelli “che credono nel corpo mistico di Cristo, con il Cristo risorto, e vedono così la realtà, e sono capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo.”( Benedetto XVI). Jabbouleh è al di la della nostra portata, un'isola che non c'è, un oceano vasto in cui non è possibile una rotta di ordine razionale. 
Ma il pellegrino ha coscienza del proprio nulla e del compito sovrumano che lo attende 
( essere parte della famiglia umana), sa di poter affrontare l'oceano vasto perché può contare sull'aiuto di Dio. 
Sa che “senza Cristo nulla è possibile”, mentre con Cristo è possibile la gioia, l'amore, la luce, l'eternità, il rinnegare se stessi e accogliere gli altri.      
Riflettendo su questi temi avevamo maturato e presentato il nostro pellegrinaggio a chi ci avrebbe ospitato lungo il cammino.
    …. La nostra meta è Aquileia, ma il nostro orizzonte è vasto: San Donato di Lamon; Montelovesco (Umbria); Tantur (Gerusalemme); Jabbouleh (Libano). 

Ecumenismo, dialogo tra le religioni come pellegrini di verità e di pace nello spirito degli incontri di Assisi, fraternità universale, sulle tracce di una “foglia secca” spinta dall'aura della Provvidenza. 
Siamo pellegrini, cioè piccola cosa, un nulla in un oceano vasto riempito di Dio. 
Anche un bicchiere di acqua è un incoraggiamento ad andare avanti. 
Ringraziamo fin dora per la vostra sincera ospitalità.
Il moto del pellegrinaggio è: “unico dovere la pace e andare al largo”, è una espressione centrale del pensiero di un santo di casa nostra: padre Romano Bottegal, morto eremita a Jabbouleh. 
La pace del cuore che solo Dio può dare e andare al largo, al largo, sempre più al largo, nella fede che Lui è in mezzo a noi, accanto e dentro ciascuno di noi, e che senza di Lui non possiamo fare nulla. 
Oltre la Santa Messa, ogni sera dedicheremo un'ora alla riflessione in libertà, dalle venti alle ventuno circa; centrali saranno i due brani del Vangelo della pesca miracolosa e dei discepoli di Emaus, ma anche alcuni discorsi del Papa, quello di Venezia del maggio scorso per primo e la parte “Conclusioni” della “Caritas in Veritate”. 
Secondo questo spirito saremo lieti di allargare la partecipazione a qualche vostro parrocchiano eventualmente interessato.

COSA CI E' RIMASTO DAL  PELLEGRINAGGIO AD AQUILEIA

  • la convinzione che Dio c'è, permea la realtà, ci unisce e la vita divina è possibile, si può e si deve lavorare per il Regno di Dio, Regno di verità e di grazia, di giustizia di amore e di pace, Regno in cui Dio mette tutto il suo impegno per far navigare senza ostacoli e per concedere molta gioia al cammino;
  • la volontà di vivere nello spirito del pellegrinaggio per allargare gli spazi interiori, con la croce diventa via maestra di testimonianza di Cristo salvatore del mondo;
  • la consapevolezza che p. Romano B. è testimone, traccia, indicazione, proposta di Dio all'uomo del nostro tempo;
  • l'apprezzamento del Vescovo della nostra diocesi e quello “plateale” di monsignor Brollo già vescovo di Belluno e di Udine, incontrato nella basilica di Aquileia;
  • l'antico, gloria di Aquileia;
  • la maglietta a spazi infiniti entro i quali ciascuno può scavare la propria storia e vita spirituale e quindi sempre attuale;
  • la convinzione che ci siamo voluti bene e ciascuno ha arricchito la vita degli altri.

  GUARDANDO AL FUTURO


  1. Sentiamo la necessità di impegnarci superando logiche puramente razionaliste, sapendo infatti che il vero artefice di tutto è  Dio si deve affrontare ogni cosa secondo lo spirito della fede, speranza e carità.
  2.  Senza la fraternità in Cristo non possiamo fare nulla perché non possiamo sviluppare le vere potenzialità che stanno nel cosmo interiore, indispensabili per dare forza e autenticità alla vita. 
  3.  Senza l'abbandono alla Provvidenza e alla Misericordia divina non possiamo guardare all'enormità dei problemi che affliggono l'uomo, la comunità e il mondo intero, non possiamo impegnarci efficacemente per la giustizia e la pace. 
  4.  Fondamentale però sarà lo spirito dell'andare al largo confidando solo su Cristo, fondamentale la fedeltà alla Chiesa, strumento della gloria di Dio e l'obbedienza al Papa quale sua parte essenziale, fondamentale ricercare e  curare il dono particolare che ognuno ha e rende capaci di testimoniare Cristo che vive e opera attraverso di noi. 
Questo è anche quanto p. Romano Bottegal, con il suo esempio, suggerisce all'uomo di oggi.







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