lunedì 27 gennaio 2014

Proposte dai Santi






      Riflessioni

        di madre Teresa di Calcutta,
        grande santa del nostro tempo:






           Il frutto del silenzio è la preghiera.
           Il frutto della preghiera è la fede.
           Il frutto della fede è l'amore.
           Il frutto dell'amore è il servizio.
           Il frutto del servizio è la pace.









         Sorridete nella monotonia
                         del dovere quotidiano.
         Tacete quando vi accorgete
                         che qualcuno ha sbagliato.
         Elogiate chi ha operato bene.
         Rendete un servizio
                         a chi vi è sottoposto.
         Partecipate al gioco dei fanciulli,
                         prediletti di Dio.
        Stringete cordialmente la mano
                         a chi è nella tristezza.
        Parlate con dolcezza agli impazienti
                         e agli importuni.
        Guardate con affetto
                        chi cela un dolore.
       Salutate affabilmente gli umili.
       Riconoscete umilmente
                        la propria debolezza.
       Rammaricatevi sinceramente
                       del male fatto.
       Ascoltate…












          Padre nostro


       Non dire PADRE
                     se ogni giorno
                     non ti comporti da figlio.

       Non dire
NOSTRO
                     se vivi isolato
                     nel tuo egoismo.

       Non dire
CHE SEI NEI CIELI
                     se pensi solo
                     alle cose terrene.

        Non dire
SIA SANTIFICATO 
                       IL TUO NOME
                     se non lo onori.

        Non dire
VENGA IL TUO REGNO
                     se lo confondi
                     con il tuo successo materiale.

         Non dire
SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ
                     se non l’accetti 
                     quando è dolorosa.

         Non dire
DACCI OGGI IL NOSTRO 
                        PANEQUOTIDIANO
                      se non ti preoccupi della gente 
                      che ha fame,
                      che è senza cultura
                      e mezzi per vivere.
                    
         Non dire
RIMETTI A NOI 
                        I NOSTRI DEBITI
                       se conservi rancore 
                       contro tuo fratello.

         Non dire
NON LASCIARCI CADERE IN
                       TENTAZIONE
                       se hai intenzione 
                       di continuare a peccare.

         Non dire LIBERACI DAL MALE
                       se non prendi posizione
                       contro il male.

          Non dire
AMEN
                       se non prendi sul serio
                       le parole del Padre Nostro!


lunedì 20 gennaio 2014

Hanno scritto di Lui




( da: "La sentinella" - n° 6 )



Padre Romano è venerabile.


La notizia si è diffusa in un baleno in paese, nelle contrade da una casa all'altra
non solo a San Donato ma in tutto il comune di Lamon.
Essa segna il culmine della storia recente di un paese che, benché piccolo, ha
donato alla società personaggi che si sono distinti in vari settori e alla Chiesa
un numero considerevole di vocazioni religiose maschili e femminili.
Sì, la notizia era attesa con ansia, da quando era stato aperto il processo per
la causa di beatificazione e Padre Romano fu dichiarato Servo di Dio.
La devozione a questo eremita, figlio della nostra terra si è andata sempre più
intensificando e molti sono stati coloro che da sempre ci hanno creduto,
lo hanno pregato con fede e hanno approfondito e diffuso la sua spiritualità,
anche per opera del Gruppo degli amici di Padre Romano.
L'avvenimento della venerabilità non poteva passare sotto silenzio ed è servito
non poco per farei sentire orgogliosi e fieri di avere un paesano che ci ha
onorato con la sua fama di santità, distintosi per le virtù vissute in
forma eroica e additato dalla Chiesa come modello ed esempio da imitare.
Ora lo sentiamo ancora più nostro e siamo sollecitati a instaurare con lui
un rapporto più stretto di ammirazione e di devozione. Se ancora ci fosse
qualcuno indifferente o dubbioso circa la santità di padre Romano
dovrà ora ricredersi e convincersi a unirsi al coro di quanti lo celebrano
e lo pregano con entusiasmo e con fede.
I primi a essere ascoltati ed esauditi saremo ancora noi, suoi conterranei che
viviamo nello stesso paese accanto a molti che di lui sono stati famigliari,
parenti e amici e che hanno condiviso stenti e sacrifici in un tempo da poco
trascorso e in una terra povera e avara di risorse.
Il gruppo "amici di Padre Romano" non ha perso tempo e si è costituito
in Associazione regolarmente riconosciuta, disposta ad accogliere quanti,
paesani o meno intendono collaborare con loro.
Le iniziative che stanno programmando hanno lo scopo di onorare
il paese di San Donato e di far conoscere a un sempre maggior numero
di persone questo nostro illustre paesano.     

                                                                      
                                                                           don Liviano
                                                            parroco di Lamon e di S. Donato 
















giovedì 16 gennaio 2014

Concorso







( da: L’Amico del popolo – n° 3 – del 16-1-2014 )



Lamon                                                                    Aperto ai professionisti e non


«Padre Romano, 
un fiore»:

il concorso

Dai fiori di San Donato e di Jabbouleh
al linguaggio mistico dei fiori


Padre Romano Bottegal non è solo un santo dell’umiltà e della gioia: lo possiamo pensare anche un santo dei fiori.
Pare proprio infatti, che i fiori si siano messi d’impegno per onorare la figura di questo Venerabile.
Ci sono dei testimoni che raccontano di un fiore lasciato da giovane don Romano ad un’immagine sacra e alla madre, prima della partenza definitiva per la Trappa delle Tre fontane: questo umile fiore di montagna, rimase fresco, come appena colto, per molto tempo. Giovanni Giacomin di Lamon, colpito da quel fatto, raccontò stupito l’episodio molte volte. Ancora oggi ricorda di quando era stato chiamato dalla madre Emilia, forse per il suo ruolo pubblico, per mostrargli, con lo stupore e l’emozione che si rinnovavano ogni giorno, quel fiore che nonostante il passare del tempo, sembrava sempre come appena colto.
Stesso stupore ha colto poi alcuni lamonesi in visita all’eremo di padre Romano a Jabbouleh, in tempi recenti. Mentre infatti in quella zona del Libano i fiori sono una vera rarità, un’ampia area circostante l’eremo era coperta da un tappeto di fiori variopinti.
Ma è il suo dialogo mistico con Cristo che svela essere di Cristo stesso l’iniziativa e il linguaggio dei fiori. Così afferma nelle note intime padre Romano.
«In breve - scrive l'associazione degli Amici del padre ci pare di poter ricordare e onorare il suo sacrificio per l’umanità, la sua pace, la mitezza e la soavità, anche con una simpatica iniziativa: un concorso che mette al centro i fiori della terra di San Donato dove Romano ha trascorso la sua infanzia». La partecipazione è aperta a tutti coloro che sono sensibili alla figura di padre Romano, artisti e non, studenti e scolari.

Di seguito il regolamento:

  • il formato dell'opera dev'essere questo: cm.21x 30 (formato A4).
  • Supporto: libero.
  • Tecnica: libera.
  • L’opera non deve essere incorniciata.
  • Il partecipante dovrà apporre sul retro dell'opera il suo nome e cognome.
  • L'opera dovrà essere accompagnata da un foglio che riporti generalità dell'autore   (nome, cognome, indirizzo, data di nascita, telefono, possibilmente e-mail, oltre al nome del fiore rappresentato).
  • Non sono previsti premi.
  • Il concorso è completamente gratuito.
  • Non si accettano fotografie o scansioni: è necessario spedire l'opera originale.
  • Le opere partecipanti al concorso non verranno restituite: rimangono di-proprietà dell'Associazione «Amici di padre Romano Bottegal» di Lamon, che sarà libera di utilizzarle, riprodurle e diffonderle a proprio giudizio senza scopo di lucro da ambo le parti.        
  • Le prime 20 opere classificate saranno esposte all'interno della chiesa parrocchiale di San Donato, e visibili dal giorno 23 febbraio, dopo la celebrazione della Santa Messa in occasione dell'anniversario della morte di padre Romano; tutte le altre rimangono esposte nella sede dell'associazione, nella canonica di San Donato.
  • La commissione giudicatrice sarà composta da artisti locali.
  • Le opere dovranno pervenire entro il 15 febbraio al seguente indirizzo:


Canonica di Lamon,

piazza 3 novembre, n° 21

32033 Lamon (Belluno) .


Si suggerisce di trarre ispirazione dalla grande varietà di fiori di montagna. 

                                                                               M.Luisa Bolge 







Hanno scritto di lui







Padre Romano Bottegal

AI-Hiwar, 1/2012

Ci soffermiamo stavolta sulla figura "periferica" di un monaco bellunese, i cui tortuosi percorsi esistenziali, contenutistici e stilistici sono davvero simili a quelli di altre figure del dialogo cristiano-islamico, quali Charles de Foucauld, i monaci trappisti di Tibhirine (Atlas algerino) e don Andrea Santoro.
Sulle pagine della storia e del dialogo si incontrano nomi noti e nomi meno noti, ma il cui compito comune è stato quello di dare vita ad una "geografia dell'anima" capace di raccogliere il vissuto e le contraddizioni di popoli, persone e nazioni, come - nel caso specifico - il Libano, l'Algeria e la Turchia.
Già queste prime battute mi porterebbero ad anticipare una conclusione, che poi riprenderemo: soltanto l'uomo "spirituale", riesce veramente a portare dentro di sé la ricchezza del proprio mondo interiore, senza chiudersi alla ricchezza della vicenda e
dell' interiorità di altri. Ma andiamo con ordine, partendo da qualche informazione storica.

Romano Bottegal nacque nel 1921 a san Donato di Lamon (Belluno) in una famiglia molto povera, ultimo di sei figli.
Per tutta la vita Romano incoraggiò i suoi a sopportare in pace e abbandono alla provvidenza la difficile situazione economica.
Dopo le scuole elementari, il piccolo Romano entro nel seminario minore di Feltre e poi nel seminario maggiore di Belluno, dove ebbe come vice-rettore don Albino Luciani, poi papa Giovanni Paolo I, che lo apprezzò molto e gli lasciò delle testimonianze significative. A 18 anni fece il voto perpetuo di castità. Durante gli anni di teologia maturò una forte vocazione monastica, ma i suoi superiori ed il padre spirituale lo consigliarono di attendere l'ordinazione sacerdotale, che ricevette il 29 giugno 1946.

Dopo l'ordinazione lasciò la diocesi ed entrò nell'abbazia delle Tre Fontane, a Roma.
Là fece la professione solenne nel 1951 e seguì dei corsi all'università Gregoriana, dove nel 1953, ottenne la Licenza di teologia.
Fu maestro dei fratelli conversi, cantore, poi maestro dei novizi e priore.
Nel 1961 rispose all'appello dell'abate di Latroun, in Israele, che cercava dei volontari per realizzare in Libano una fondazione trappista di rito maronita, ed egli ottenne dai superiori di partecipare a questo tentativo. Qui padre Romano si mise a studiare l'arabo, il siriaco e la liturgia orientale.

Nel mese di dicembre del 1963, dato che il progetto libanese era stato abbandonato, non avendo ricevuto il permesso del Capitolo generale dei trappisti, lasciò il medio oriente e rientrò alle Tre Fontane, dove l'abate, che conosceva la serietà del suo impegno monastico e la sua virtù interiore, gli permise di condurre una vita solitaria nel territorio del monastero.
Poco più tardi fu nominato un nuovo superiore alle tre Fontane, che non
concesse a padre Romano di continuare la sua esperienza di vita solitaria nelle mura del convento.
Padre Romano, che aveva ormai la certezza della chiamata del Signore ad una vita più austera e solitaria, domandò un indulto di sclaustrazione, che gli fu accordato dalla Santa Sede, per poter condurre una vita eremitica.
Dopo un tempo di ricerca, partì per il Libano e si pose sotto l'autorità del vescovo melkita di Baalbek, vivendo in vita solitaria a Jabbouleh, in un eremitaggio appartenente alla diocesi.
Qui passò i suoi ultimi anni, conducendo una vita molto austera, con un regime alimentare appena sufficiente, senza riscaldamento, né mobili, né alcuna forma di agio.

Rimase continuamente in relazioni fraterne con alcuni fratelli e i vecchi superiori delle Tre Fontane: il suo animo limpido, tranquillo, sensibile e pieno di amore, lo portò sempre a preoccuparsi del bene della comunità.
Non si lasciò indurire dalla vita di ascesi e di penitenza: riusciva a fare le cose fino in fondo senza perdere il senso pratico e senza intristirsi.
Dotato di eccezionale equilibrio, sensibilità e delicatezza d'animo, congiunse i suoi altissimi ideali a un estremo realismo; unì l'incredibile austerità del suo stile di vita alla dolcezza con se stesso, con gli altri e con tutta la realtà, vivendo la paternità e la "maternità" spirituali.
Uomo amabile, sorridente e tenero, sapeva mostrare una gioia inalterata: tutti i testimoni parlano della sua gioia e dell' espressione del volto da cui traspariva la presenza del Signore, frutto anche di qualche esperienza mistica che trapelava chiaramente dal suo Diario segreto, nonostante la discrezione della persona.
Colpito dalla tubercolosi, sfinito dalle privazioni, padre Romano si spense il 19 febbraio del 1978, all'età di 56 anni. all'ospedale di Beyrout, dopo 32 anni di vita monastica, di cui 14 passati in solitudine.
Vicino al suo eremo oggi sorge un convento che continua l'opera di contemplazione da lui cominciata.
I Capitoli generali del 1999 hanno approvato la preparazione della causa di beatificazione. Nel 2000, la Congregazione per la dottrina della fede ha dato il suo nulla osta alla continuazione del processo.

Padre Romano ha vissuto in mezzo ai musulmani, pregando e perdonando.
Arrestato una notte dai soldati siriani che avevano invaso e saccheggiato il suo eremo, fu subito rilasciato dal comandante musulmano, che poi si raccomandò alle sue preghiere. Padre Romano era convinto che il miglior apostolato in mezzo ai musulmani fosse una vita di povertà, preghiera, lavoro; che si dovesse restare soli in mezzo a loro, ma comunque vicini e addirittura più poveri, per esercitare l'aiuto e l'amore.
I contadini del luogo si domandavano in che modo padre Romano potesse condurre un' esistenza di tal genere, convinti comunque di essere benedetti da Dio grazie alla sua presenza.
Difficile non pensare alla Regola dei Piccoli fratelli di C. De Foucauld che comanda a ciascuno di loro una vita nascosta, un apostolato fatto più di gesti quotidiani che di parole. Secondo la Regola, il modo migliore per servire gli altri è quello di essere vicini a loro nella preghiera, nel nascondimento, nell' oblazione quotidiana di sé, nello scandalo e nella follia della croce, che può esprimersi sia nel lavoro oscuro e diuturno, sia nei gesti più enormi. Padre Romano, oltre tutto, volle fermarsi in Libano a metà degli anni '70, mentre la situazione politica stava precipitando, quale segno di una presenza inerme, ma coerente.

Nel raccontare di figure simili, ci potrebbe essere sempre l'impressione di sfiorare atteggiamenti sprovveduti: di questi tempi tutto è diventato più difficile, le situazioni necessitano di letture opportune e il "dialogo" sembra perdere terreno, ma resta importante lo "sguardo" con cui anche padre Romano si è posto nei confronti dell'altro da sé.
Questi sono i vertici dell' esperienza spirituale: alle spalle vi si trovano non idee
sbagliate e buonismi inutili, ma tanto lavoro interiore, tanto affinamento del cuore e una grande maturità di pensiero.
Padre Romano, ad esempio, ricordava bene che la rivelazione suprema di Dio è lo sparire di Dio nell'umiltà del Cristo, nell'umiltà di un amore che si spoglia di tutto per donarsi tutto. E come al Verbo non occorre compiere particolari atti con la sua umanità per rivelarsi al mondo, perché sono la sua debolezza ed umana impotenza a mostrarne la Gloria, così Romano rese presente la salvezza sotto il segno della povertà e dell'impotenza. Diminuendo, abbreviandosi, scomparendo, divenne un segno, segno di Dio in modo proporzionale alla sua capacità di farsi piccolo e nascosto, partecipe dell'umiltà del suo Signore.

In termini più complessi, scrive M. C. Zaffi: «In singolare e mirabile continuità con il realismo di Aelredo e di Guglielmo, questo mistico vicino all'esistenza ha vissuto un amore e una fraternità universale, ha tradotto il suo ecumenismo in un'ospitalità a tutto campo, in un incondizionato accoglimento e benvenuto (gratitudine e benedizione) dell'altro (Dio e uomo) e di ogni realtà. Non solo.
Egli, attingendo l'ultima profondità del principio cistercense dell'ordine, cioè che in Cristo Dio si ordina all'uomo - gli si dona -, e con Dio è tutta la creazione che si ordina all'uomo, ne esplicita la conseguenza: non siamo più parte di un tutto, ma tutto in noi si aduna. Ribadito e formulato teologicamente: poiché tutto è stato assunto dal Verbo ed assumere è il modo migliore per conservare, poiché è il Verbo che assume, solleva a Dio la creazione, mentre la creatura è assunta dal Verbo, la suprema attività dell'uomo è «la passività», l'offerta di sé, la sua partecipazione al Sacrificio di Cristo nel quale si compie la vita di Cristo, la vita personale e dell 'universo, atto nel quale l'umanità e l'universo ritorna a Dio.
In Romano, inoltre, tale principio dell 'ordine, che la teologia e spiritualità cistercense ha desunto anche dall' esperienza della Presenza creatrice e da quella della Provvidenza come stabile significato ed utilità degli eventi e delle cose, trova un' applicazione particolare sia nella sua scelta di essere regolato dell'Eternità sia nell'esaltazione della realtà concreta e del dolore come ideale, poiché tutte le circostanze sono provvidenziali, amabili, splendide e, dal momento che sono in mano a Dio, dono di Dio e in funzione del disegno e della gloria divini, realizzano il proprio equilibrio personale e quello universale».[1]

Dopo questa lunga citazione, è davvero utile riconoscere e ribadire che alcune modalità del dialogo dicono, allo stesso tempo, la presenza e l'equivoco, l'ostinazione della carità e il silenzio privo di orgoglio, il valore esclusivo di "segno" che la Chiesa riveste e la resistenza disarmata, la comune vocazione umana e la "discreta caritas" di Dio.
Abbiamo qui alcuni tratti di un itinerario spirituale notevole, percorso da figure diverse, come quella di padre Romano, che dicono la piena disponibilità del cuore povero, capace solo di offrire una fedeltà quotidiana pervasa dalla benevolenza di Dio.
E proprio perché centrato sull'Eucaristia, il nascondimento di Romano, costituito da una quotidianità semplicissima ed orante, trascorso nel costante sentimento della propria piccolezza davanti a Dio, e consumato nel dono di sé, è tutt'altro che intimista.
Egli stesso si qualificava come «eremita missionario», cioè fratello universale, perché la testimonianza che viene dall'Eucarestia non è mai soltanto personale, ma è per tutti, cristiani e non, vicini e lontani, viventi d'oggi e di ogni tempo.
«L'universalismo di Romano, ricalcando quello del quarto evangelista e di san Paolo, è l'unificazione di tutte le cose e di tutti grazie all'offerta del Cristo.
Egli ancora comprende la propria vocazione sulla base di Giovanni 12,24.32, quale partecipazione personale al mistero di unità effettuato per mezzo della croce, quale donazione di vita per i fratelli collaborando al piano divino, che, in Cristo, ha
distrutto il ripiegamento del popolo ebreo su di sé, sui propri privilegi, per abbracciare l'intera umanità nel suo amore, fare di essa l'unica famiglia umana».
La «esistenza eucaristica» di padre Romano ha l'ampiezza dell'atto divino che tutto abbraccia e solleva a sé.

Quanto ne viene è il dono di una vita trasfigurata: il sorriso inalterabile dell'eremita poverissimo e provato, i suoi occhi luminosi in mezzo alla sofferenza, toccavano tutti perché erano segno della presenza evidente dello Spirito.
Non meraviglia, quindi, il fatto che cristiani e musulmani abbiano riconosciuto Padre Romano Bottegal «somigliantissimo al Cristo».
Tutto sommato, è bello riconoscere che ad ogni credente sia richiesto almeno di non far scomparire il nome di Dio dalla memoria dei popoli.
Tutte le religioni, del resto, sono chiamate ad unire i proprio sforzi attorno a questo identica e urgente necessità.

don Giuliano Zatti.





[1] Per un profilo della figura di Bottegal, rimando ai testi seguenti:
M. C. DEOGRATIAS, Testimone nello spirito, EMI, Città di Castello 1996.
MARIA CECILIA ZAFFI, «Vita, profilo, spiritualità del servo di Dio p. Romano Bottegal O.C.S.O.», Rivista Cistercense, 20 (2003) 1, 5-34;
IDEM, L'eremita missionario. Romano BottegaI dalla Trappa di Roma alle pietre del Libano, Prefazione di V. Messori, San Paolo, Cinisello Balsamo 2004.
LOUIS WEHBÉ, Padre Romano BottegaI, opuscolo della collana Testimoni cistercensi del nostro tempo, Edizioni Trappiste, Vitorchiano (VT), 2007.
Si veda anche l'esperienza dell'Eremo padre Romano: www.santamarianelsilenzio.org.






martedì 14 gennaio 2014

FOTO











il Venerabile padre Romano Bottegal
mentre celebra la S.Messa a Jabbouleh.





lunedì 13 gennaio 2014

Preghiera






          



PREGHIERA A PADRE ROMANO




O Dio, che susciti sempre 
nella Chiesa

nuovi testimoni del Tuo Amore,

ti ringraziamo della vita 
e della vocazione

dell' eremita - missionario 
p. Romano Bottegal

e di tutte le grazie 
delle quali hai voluto arricchirlo.

Abbracciato alla Tua Volontà 
e al Mistero della Croce,

egli visse umile e povero per Te

e si fece Vittima di olocausto,

offrendo se stesso 
in unione al Sacrificio di Cristo

per la salvezza del mondo.

Apostolo della pace 
e della gioia del Risorto,

beneficò i suoi fratelli sulla terra

con la carità e la preghiera,

promettendo ancora 
un'eternità di servizio 
dal Cielo in loro favore.

Ti chiedo, Signore, 
di esaudire la petizione

che affido alla intercessione

di padre Romano ,
e a quella di Maria Santissima

con fiducioso e filiale abbandono

in Te, Dio Uno e Trino,

che vuoi tutti 
nel tuo gaudio senza fine. 

Amen




( Da: Calendario settimanale n° 2 –
12-19 gennaio 2014
della parrocchia di Lamon )


mercoledì 8 gennaio 2014

Hanno scritto su padre Romano - 8





Da “ L’amico del popolo “ del 2 gennaio 2014.



SAN DONATO DI LAMON :

La Santa Messa con il Vescovo
domenica 29 dicembre 2013.


Tra gli emigranti
un Venerabile


Padre Romano Donato Bottegal
era nato a San Donato il 28 dicembre 1921



Lo striscione che dà il benvenuto all'ingresso del paese,
la foto di padre Romano che campeggia sulla parete
della chiesa parrocchiale, il rinfresco dopo la Messa:
la piccolissima parrocchia di San Donato di Lamon
ha dato il meglio di sé domenica scorsa per accogliere il
Vescovo che ha celebrato, in una chiesa piccola ma gremita,
la Santa Messa con il Te Deum per padre Romano Bottegal,
dichiarato venerabile dal Papa lo scorso 9 dicembre 2013.
«Nel1946, quando don Romano Bottegal, appena ordinato
sacerdote, celebrò qui la prima Messa,
San Donato aveva 900 abitanti.
Come molti altri, padre Romano, che aveva qui radici robuste,
mise le ali per andarsene: ma ali straordinarie,
che lo portarono a Roma e in Terrasanta;
infine, come eremita in Libano» ha detto monsignor Andrich.
Ha ricordato i rapporti con altre figure bellunesi in odore di
santità, cioè il Servo di Dio Albino Luciani e monsignor
Antonio Slongo, oltre al beato Luigi Novarese, la cui santità
è già stata riconosciuta.
Alla attenzione dei presenti, cogliendo suggestioni presenti
nella vita di padre Romano, il Vescovo ha affidato la preghiera
per le vocazioni, per i paesi montagna afflitti dallo spopolamento,
per la solidarietà con il Medio Oriente cristiano.





Le radici a S. Donato
di una santità orientale.


Padre Romano BottegaI è nato a San Donato di
Lamon il 28 dicembre 1921; fu portato al fonte battesimale
tre giorni dopo, dove ricevette i nomi del padre, Romano,
e del nonno, Donato.        
Fu battezzato da don Giulio Strappazzon.
Sacerdote, monaco cistercense ed eremita in Terrasanta,
padre Romano fu contemplativo per carattere e vocazione,
tanto che i suoi biografi non dicono che fu “ uomo di preghiera “,
ma che “ si fece preghiera “.        
Povero, non meno di Francesco d'Assisi e dei grandi asceti,
mortificato, distaccato, giunse ad uno spogliamento tale
da essere paragonato al Cristo «crocefisso,
offerto nudo sofferente e solo»,
per la salvezza del mondo.
Definì la contemplazione come «vita in Dio nella gioia
e nella sofferenza indicibile».
Morì all' ospedale il 19 febbraio 1978.
La pietà e la stima dei Libanesi per il loro eremita
portò clero e popolo a deporre le sue spoglie mortali
nella Cattedrale di Baalbeck, diocesi in cui si visita tuttora
l'eremo in cui il padre visse negli ultimi anni della
sua vita: è a Jabbouleh, nel nord della valle della Beqaa.








domenica 5 gennaio 2014

Hanno scritto su padre Romano - 7






Da: “ L’amico del popolo “ del 2 gennaio 2014.

Suor Maria Cecilia Zaffi: Un gigante con il cuore di fanciullo.


Con tutta la Chiesa e con tutti i monaci in particolare, anche noi, monache di santa Maria nel Silenzio ( Montelovesco - Pg ), abbiamo ricevuto con gioia immensa la notizia che padre Romano BottegaI è divenuto «Venerabile» il 9 dicembre 2013, quando Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto sulle «virtù eroiche» del Servo di Dio.

Difatti questa tappa significa che la vita di padre Romano è stata quella di una persona esemplare cristianamente parlando, che il suo modo di praticare il Vangelo è stato non solo autentico ma eroico, in quanto ha espresso una forza soprannaturale che veniva da Dio e dalla sua grazia.
Se ci accostiamo alla vita di fede, all'esperienza personale e spirituale del Nostro monaco, riflessa nei suoi Scritti e soprattutto nelle Note, ci troviamo dinanzi ad un gigante con cuore di fanciullo: eccezionale e difficilmente imitabile nella rinuncia e nel distacco, però piccolo, umilissimo, sempre colmo di fiducia e di delicatezza, e con un grande amore per la Chiesa, che è la sua esistenza (cfr. Note).
Per lui, «l'unione con Dio e con i fratelli" - si potrebbe dire l'essenza comunionale della Chiesa - è la «prima ed ultima intenzione divina», l'«ideale» che Dio prepara attuando gli altri misteri (Creazione, Rivelazione, Redenzione) e soprattutto nell'elezione del popolo ebreo e di Gerusalemme, riassunta in quella di Maria. 
E nella Serva del Signore, nella quale si personalizza il vero Israele, è nel suo amore che accoglie tutto l'Amore divino, che padre Romano vede l'inizio e la concretezza personale della Chiesa, un inizio che rimanda in avanti e produce la definitività del tutto: «ut omnes simus consummati in Amore Matris» (Note; cfr. LG 62: «fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti»).
Proprio nel suo rilievo della consummatio (sia qui che altrove), del nostro essere resi perfetti da Dio, dal suo dono di Sé, della salvezza, ciò per cui l'eremita prega e si offre, egli sembra ricordarci che il compimento dell'uomo è nella comunione con Dio e con gli altri, tant'è che ci si personifica, si dà consistenza alla propria realtà personale, nel rapporto
con Lui, nella fede e nella preghiera, amando (cfr. Note; ricordiamo le parole di san Paolo: «se non avessi la carità, non sono nulla» [cfr. 1 Cor 13,2]).
Ebbene, riconoscere padre Romano come Venerabile vuol dire un invito a scoprire la sua identità comunionale e la sua spiritualità profonda, mistica. 
Inoltre segna un passo avanti nel percorso verso la beatificazione che richiede anche l'accertamento di un miracolo operato da Dio per intercessione dell'eremita lamonese.

Maria Cecilia Zaffi


Eremo di Montelovesco ( PG )


________________________________________

 Di Maria Cecilia Zaffi vedi anche:

L’eremita missionarioRomano Bottegal – dalla trappa di Roma alle pietre del Libano, diMaria Cecilia Zaffi, ed. San Paolo 2004, pp341.