domenica 22 luglio 2012

vita monastica ed eremitica - 3




Lettera di Papa Paolo VI all’Abbate Generale dell’Ordine 
(8 dicembre ’68)

« La vostra vita è attraente per le anime ed è utile alla Chiesa, quando è vissuta in tutta la sua pienezza, quando si adempie con ogni cura e fedeltà agli impegni della vostra professione religiosa!
In realtà, tutto in essa conduce di natura sua a Dio: all’incontro del l’anima con Lui, a conoscerlo nell’oscurità della fede, a servirlo, lodarlo e amarlo, il che si compie non solo per mezzo delle armi gloriose dell’obbedienza e degli altri consigli evangelici, ma anche in virtù della separazione dal mondo, nel silenzio e nella penitenza, con l’aiuto offerto dalla Parola di Dio, della quale la sacra Liturgia e la “lectio” assidua dischiudono le insondabili ricchezze, di qui un penetrare più addentro l’amore del Salvatore misericordiosissimo e attingerne con più abbondanza la soavità. 
Dio stesso, infatti, risiede veramente come nel centro della vita del monaco, e l’occupa tutto: il monaco “guarda a Dio solo, Dio solo desidera, s’attacca a Dio solo”; in umiltà di cuore, senza posa e con ogni mezzo ricerca il volto del suo Signore e vuole che tutta la propria vita trascorra e si consumi alla sua presenza e per lui. 
Dio, infatti, ha diritto a questo dono, per mezzo del quale un’esistenza — di cui egli è Signore unico — si abbandona totalmente a Lui. 
Il Padre, come afferma nostro Signore nel Vangelo, cerca chi lo adori in spirito e verità. 
Ora, proprio questo è il fine della vita monastica: formare, preparare e offrirgli tali adoratori, anime cioè che ricerchino la somma sapienza, quella sovreminente scienza di Gesù Cristo, di cui tratta l’Apostolo...»




Nessun commento:

Posta un commento