LA VITA MONASTICA ED
EREMITICA
Il Gruppo “ Amici di padre Romano “
desidera proporre queste riflessioni per comunicare, a quanti più possibile, le
ricchezze e la luce irradiate dalla vita esemplare di padre Romano Bottegal,
monaco ed eremita, che ha portato avanti, in modo eroico, la sua vocazione di
donazione totale a Dio.
In un tempo in cui ci si preoccupa e si
parla di solidarietà ed amore al prossimo, ma si sta dimenticando in maniera
rovinosa il primo comandamento della legge dell’amore, ci sembra estremamente
importante dare spazio e far conoscere la carità di chi ha donato e si è
prodigato totalmente per Dio.
Vogliamo allora qui proporre l’ultima
parte di una riflessione elaborata dall’università Gregoriana riguardante
l’attualità e l’importanza del messaggio di padre Romano e poi alcune lettere
ed esortazioni, scritte dai Sommi Pontefici Giovanni XXIII e Papa Paolo VI
contemporanei di padre Romano, circa l’importanza vitale della vita monastica
ed eremitica. Scritti che sicuramente hanno inciso nella vita di padre Romano,
sempre attento al magistero della chiesa, e possono quindi aiutare a
comprendere meglio il senso della sua vita e del suo sacrificio.
L’attualità del messaggio di padre Romano Bottegal
per l’evangelizzazione oggi.
per l’evangelizzazione oggi.
Pontificia Università
Gregoriana
( 26 gennaio 1998)
( 26 gennaio 1998)
L’attualità del suo
messaggio è in relazione al suo essere monaco e, cioè, al primato di Dio nella
sua vita.
P. Romano BottegaI è stato
messo spesso in relazione con P. Charbel, santo eremita libanese del quale a p.
Bottegal fu offerto l’eremo per la somiglianza di vita, e che lui stesso nomina
più volte nei suoi scritti.
P. Charbel è vissuto nel
silenzio, conducendo una vita povera che sembrava non aver nessun senso, alcun
valore, un’esistenza che non attraeva nessuno.
La sua fama è cresciuta di
colpo dopo la morte soprattutto per i fenomeni miracolosi che avvenivano
intorno alla sua salma.
Solo allora si cominciò a
rivederne l’esistenza.
La grandezza di P. Charbel è
stata nel vivere solo per Dio. Niente altro. Tutto
Egli fu beatificato alla fine del Concilio Vaticano
Il, il giorno dopo la pròmulgazione della costituzione pastorale Gaudiurn et
spes.
Questo fatto secondo D.Barsotti, noto autore di
letteratura spirituale, offre provvidenzialmente la chiave d’interpretazione di
questo documento che fu l’ultimo ad essere approvato dal Concilio.
Il rinnovamento della Chiesa, infatti, non proviene
da documenti, ma dal mistero dei santi che lo rendono palpabile e visibile.
Il dialogo con il mondo,
necessario alla Chiesa che ha una missione nei confronti di tutti gli uomini, è
condizione iniziale per un dialogo che la Chiesa deve avere con un Altro, il quale rimane
in silenzio.
Questi uomini ci riportano
al mistero del Cristo in agonia fino alla fine dei tempi, alla Chiesa che
continua questa agonia e che, più di tante altre cose, porta al mondo la Croce come supremo atto di
amore:
“Il servizio degli uomini non sarebbe ancora
carità se non fosse il segno dell’amore che l’uomo già porta nel suo cuore a
Dio”.
E’ questo amore fontale che la Chiesa vive e dona al
mondo. Da qui viene la vera liberazione.
La vita eremitica è diaconia alla Chiesa e al mondo.
Per consegna del Concilio la Chiesa va incontro al mondo,
perché non può trascenderlo se non accettando di essere immanente ad esso. La
chiesa dei solitari è il braccio verticale della Croce che sostiene il mondo.
Essi sono separati dagli
uomini in nome degli uomini, perché il
mondo, mediante questa diaconia, sia ricollocato nel suo vero centro che è Dio
.
Nell’ottobre del 1977,
proclamando santo P. Charbel, Paolo VI sottolineò l’importanza della vita
eremitica per la società odierna, contrassegnata all’esuberanza,
dall’eccitazione, dall’edonismo insaziabile, uniti ad una crescente debolezza
della volontà, essa non riacquisterà
l’equilibrio se non rifacendosi alle caratteristiche di povertà, semplicità,
dominio di sè, interiorità di cui la vita eremitica da esempio ed il gusto.
Per questo tali figure
costituiscono anche una denuncia profetica.
Il monaco è l’uomo di preghiera, la quale è la presa
di coscienza della situazione umana nella sua totalità.
Egli sarà dunque il
primo ad avvertire la fame di giustizia, di liberazione e di pane dell’uomo di
oggi.
Questa coscienza planetaria
e questa solidarietà umana spezzano l’isolamento del mondo attuale e denunciano
i mali fisici e spirituali del nostro tempo.
La solitudine del monaco non
è isolamento.
Un’autentica esperienza di
Dio, invece ci libera dal nostro isolamento rispettando profondamente la nostra
solitudine
Il monaco, infatti, per sant’Agostino,
è colui che ritornando in se stesso, in antitesi ad ogni tipo di dispersione, scopre tutti i valori in Dio.
Tale scoperta nella sua interiorità lo apre alla
comunione autentica con gli altri uomini che, uniti nelle ansie comuni e nei comuni desideri della natura umana,
si ritrovano nello slancio costruttivo della vera comunità di valori. Egli
arriva cosi, a vivere l’intimità in sè e negli altri alla presenza di Dio,
raggiungendo l’anima una et cor unum in Deum.
Conclusioni
La testimonianza concreta di
P Bottegal, di docilità a Colui che vuole condurci in luoghi deserti” per
“parlare al nostro cuore” ci spinge ad assumere
con attiva adesione e gioia il nostro personale deserto, dovunque esso si trovi
e comunque si configuri.
Egli sottolinea, però, molto
chiaramente che non si tratta di un deserto scelto da noi e a nostra misura.
L’unica motivazione che
conduce P Romano in quel deserto
infatti, è la volontà di Dio, che scopre dopo un lungo cammino di discernimento
saggio e ponderato.
Nella vita apparentemente
inutile di questo monaco, D. Barsotti riconosce l’insegnamento incomparabile
per tutti di un cammino compiuto nella solennità del silenzio e nella
semplicità di un amore esclusivo.
La coscienza e la conoscenza
di questo amore esclusivo e reciproco è fonte della gioia e dell’energia
interiore di P. Bottegai.
Concludiamo, allora,
riprendendo appunto questo che ci è sembrato il messaggio centrale ed allo
stesso tempo attuale della sua esperienza.
Lo ritroviamo, infatti,
nelle parole rivolte da Giovanni Paolo II alle migliaia di giovani presenti a
Bologna, il 27 settembre scorso, al concerto musicale svoltosi in occasione del
XXIII Congresso Eucaristico Nazionale:
“Vi ho detto che ci vuole
l’Eucarestia ... Ci vuole un grande ringraziamento. Ma questo ringraziamento si
doveva fare attraverso il sacrificio della Croce, si doveva fare attraverso la
morte cruenta di Cristo. Ma se non ci fosse la morte, non ci sarebbe neanche la Risurrezione, non ci
sarebbe il mistero pasquale ... Gesù vi propone una strada in salita, che è
fatica percorrere, ma che consente all’occhio del cuore di spaziare su
orizzonti sempre più vasti.
A voi la scelta: lasciarvi
scivolare in basso verso le valli di un piatto conformismo o affrontare la fatica dell’ascesa verso le vette
su cui si respira l’aria pura della verità, della bontà, dell’amore”.
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