Lettera di Papa
Paolo VI all’Abbate Generale dell’Ordine
(8 dicembre ’68)
(8 dicembre ’68)
« La vostra vita è attraente
per le anime ed è utile alla Chiesa, quando è vissuta in tutta la sua pienezza,
quando si adempie con ogni cura e fedeltà agli impegni della vostra professione
religiosa!
In realtà, tutto in essa
conduce di natura sua a Dio: all’incontro del l’anima con Lui, a conoscerlo
nell’oscurità della fede, a servirlo, lodarlo e amarlo, il che si compie non
solo per mezzo delle armi gloriose dell’obbedienza e degli altri consigli
evangelici, ma anche in virtù della separazione dal mondo, nel silenzio e nella
penitenza, con l’aiuto offerto dalla Parola di Dio, della quale la sacra
Liturgia e la “lectio” assidua dischiudono le insondabili ricchezze, di qui un
penetrare più addentro l’amore del Salvatore misericordiosissimo e attingerne
con più abbondanza la soavità.
Dio stesso, infatti, risiede veramente come nel centro della vita del monaco, e l’occupa tutto: il monaco “guarda a Dio solo, Dio solo desidera, s’attacca a Dio solo”; in umiltà di cuore, senza posa e con ogni mezzo ricerca il volto del suo Signore e vuole che tutta la propria vita trascorra e si consumi alla sua presenza e per lui.
Dio, infatti, ha diritto a questo dono, per mezzo del quale un’esistenza — di cui egli è Signore unico — si abbandona totalmente a Lui.
Il Padre, come afferma nostro Signore nel Vangelo, cerca chi lo adori in spirito e verità.
Ora, proprio questo è il fine della vita monastica: formare, preparare e offrirgli tali adoratori, anime cioè che ricerchino la somma sapienza, quella sovreminente scienza di Gesù Cristo, di cui tratta l’Apostolo...»
Dio stesso, infatti, risiede veramente come nel centro della vita del monaco, e l’occupa tutto: il monaco “guarda a Dio solo, Dio solo desidera, s’attacca a Dio solo”; in umiltà di cuore, senza posa e con ogni mezzo ricerca il volto del suo Signore e vuole che tutta la propria vita trascorra e si consumi alla sua presenza e per lui.
Dio, infatti, ha diritto a questo dono, per mezzo del quale un’esistenza — di cui egli è Signore unico — si abbandona totalmente a Lui.
Il Padre, come afferma nostro Signore nel Vangelo, cerca chi lo adori in spirito e verità.
Ora, proprio questo è il fine della vita monastica: formare, preparare e offrirgli tali adoratori, anime cioè che ricerchino la somma sapienza, quella sovreminente scienza di Gesù Cristo, di cui tratta l’Apostolo...»
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