L’Istruzione sulla vita
contemplativa “Venite seorsum” emanata secondo il pensiero e con l’approvazione
del Papa Paolo VI (15 agosto ’69):
«Venite in disparte, in un
luogo solitario... Molti sono coloro che hanno ascoltato questo invito e che,
seguendo Cristo, si sono ritirati nella solitudine per adorarvi il Padre, sotto
l’impulso dello Spirito Santo che li guidava... Il ritirarsi dal mondo per
dedicarsi nella solitudine ad una vita più intensa di preghiera non è altro che
una maniera particolare di vivere ed esprimere il mistero pasquale del Cri sto,
che è una morte per la risurrezione... Ora tale morte di Cristo implica un
reale aspetto di solitudine... Per i cristiani, perciò, il ritirarsi nella
solitudine equivale ad unirsi più profondamente alla Passione di Cristo e a
partecipare in modo particolare al mistero Pasquale e al pas saggio del Signore
da questo mondo alla patria celeste... E perciò lecito e necessario che alcuni
cristiani, chiamati a questa grazia dallo Spirito Santo, col loro modo
particolare di vita, esprimano questa caratteristica contemplativa della Chiesa
ritirandosi realmente nella solitudine, per ché “in continua preghiera e
intensa penitenza, attendano a Dio so lo In tal modo l’amore e la
contemplazione si aiutano vicendevolmente. “Infatti l’amore di Dio è la stessa
conoscenza di Lui. Egli non è conosciuto se non è amato, e non è amato se non è
conosciuto, e in verità tanto è conosciuto quanto è amato e tanto è amato
quanto è conosciuto”. “Nei cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore”,
affermava Teresa del Bambino Gesù. Non è infatti per mezzo del suo Amore,
manifesto nella oblazione del Figlio, spinta fino alla morte di Croce, che Dio
ha liberato gli uomini dal peccato? Quando quindi un’anima penetra in questo
mistero pasquale del supremo Amore di Dio e degli uomini, necessariamente
partecipa all’opera di Cristo, principio di ogni apostolato. . . Nella
solitudine, nella quale at tendono alla preghiera, non dimenticano mai i loro fratelli.
Se si sono strappati dal loro frequente contatto, non l’hanno fatto in vista di
una comoda tranquillità personale, ma per partecipare più universalmente ai
loro lavori, ai loro dolori, alle loro speranze... Perciò quelli che conducono
tale vita, possono confermare coloro che sono tentati nella fede e che a torto
vogliono negare all’uomo qualsiasi possibilità di entrare in colloquio col Dio
ineffabile. E tanto più l’annunciano, in quanto l’intera loro vita,
esclusivamente e totalmente consacrata alla ricerca di Dio, non è altro che un
tendere alla Gerusalemme celeste, un’anticipazione della Chiesa escatologica,
fissa nel possesso e nella contemplazione di Dio... Se lo spirito delle
beatitudini, che vivifica la sequela di Cri sto, deve animare qualsiasi forma
di vita cristiana, la vita dei contemplativi prova che questo può essere
realizzato già in questa vita terrena».
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